Messaggi: 1435Località: bergamoIscritto il: 14 giugno 2006, 17:39 |
dal "corriere":
Scorsese e gli Stones: «La mia ispirazione» «Volevo raccontarli da sempre perché è stata la loro musica ad ispirare molti dei miei film»
LONDRA — I bicipiti di Mick, il mascara di Keith, il sedere di Ronnie. E che dire di Charlie? È Charlie e basta. "Shine a Light", il nuovo film documentario sui Rolling Stones in concerto in un piccolo teatro di New York, fa proprio ciò che promette il titolo: punta un fascio di luce brillante su queste quattro icone. Lo spettatore si ritrova faccia a faccia con Jagger, Richards, Wood e Watts, a guardare da vicino quei volti, quei corpi, quelle figure che incarnano il più grande rock di tutti i tempi. Shine a Light offre un ritratto degli Stones così intimo e personale come non si era mai visto prima. Scorsese ha ripreso la band al Beacon Theater di New York lo scorso settembre. E Jagger ne sarà il produttore. Si avverte una forte complicità tra regista e soggetto.
Il risultato è un documento straordinario, un ritratto rock'n'roll animato e pulsante. Scorsese, 64 anni, è impegnato nel montaggio sonoro del film. È davvero, come vuole la leggenda, un logorroico dalla voce rauca, un torrente di idee e intuizioni. Il maestro del cinema italo- americano richiama alla mente tanti dei suoi personaggi più celebri. Mentre parliamo, in sottofondo si sentono le note di alcuni pezzi cantati con insuperabile maestria in Shine a Light: «Jumpin' Jack Flash», «Tumbling Dice», «Faraway Eyes», «Live With Me» (Jagger balla al microfono con Christina Aguilera), «Champagne and Reefer», che Mick aveva sentito per la prima volta nell'esecuzione di Muddy Waters e che al Beacon gli Stones hanno cantato con Buddy Guy, e infine «Sympathy for the Devil».
Perché gli Stones e perché adesso? «Ah, è una domanda difficile... non c'è mai stato un motivo per non fare questo film». Come si è preparato a girarlo? «Nella mia storia personale c'è la loro musica, che ha influenzato molti dei miei film. Non li conoscevo un tempo. Li ho visti soltanto in concerto qualche volta nel corso degli anni. Negli anni dell'epoca formativa dei Rolling Stones la loro musica era davvero essenziale per me, io con la musica ci vivevo. Alla fine la loro musica ha alimentato film come Mean Streets e non solo. Toro scatenato fino a un certo punto, ma certamente Quei bravi ragazzi e Casino ». Ha utilizzato «Jumpin' Jack Flash» e «Tell Me» con grande effetto in Mean Streets... « Mean Streets ha un debito verso gli Stones. Addirittura la visualizzazione di scene e sequenze in questo film deriva in larga parte dalla loro musica, dall'aver vissuto e ascoltato la loro musica. Nel corso degli anni, mi sono accorto che la loro musica nasce dal blues. E guarda caso io amo molto il blues. In un certo senso, la loro musica mi ha fatto scoprire il blues». «Non ne ero consapevole, io mi limitavo ad ascoltare la musica, poi immaginavo le scene nei film. E il ruolo degli attori. Non si trattava semplicemente di immaginare la scena di una carrellata sul volto di una persona o una sequenza in macchina. Era davvero come trasportare nei film gesti ed avvenimenti della mia stessa vita, quasi volessi interpretarla, per farne una storia. E avevo la sensazione che quelle canzoni mi ispiravano a realizzare tutto questo. Mi permettevano di farne un film, mi indicavano un modo per trasferire quelle storie in un film. Confesso che il mio debito è incalcolabile. Mentalmente, ho già realizzato questo film quarant'anni fa. È solo un caso se l'ho girato adesso».
Martin Scorsese
È vero che per assicurarsi i diritti di «Jumpin' Jack Flash» e «Tell Me» in Mean Streets lei spese 30mila dei 750.000 dollari del suo budget? «Pare proprio di sì. Jonathan Taplin era il mio produttore, gli dissi che quella musica era indispensabile. Volevo anche un altro brano, "The Last Time", ma non siamo riusciti a trovare i soldi». Gli Stones hanno ripescato un brano di «Exile on Main Street», appunto «Shine a Light», e lo hanno inserito nel loro album live «Stripped»: perché ha scelto proprio questo pezzo come titolo del film? «È una canzone in stile gospel. Mi piace la luce (light), l'idea di fare le riprese al Beacon Theater (beacon = faro). È come puntare un fascio di luce ancora una volta sugli Stones. Per illuminare la loro musica e il contributo che quella musica ha dato alla cultura, e a me. Anche se poi, nel film, "Shine a Light" non viene eseguito, si sente solo nei titoli di coda». Per prepararsi ha visto — o rivisto — altri classici film degli Stones, come Sympathy for the Devil, Gimme Shelter o Cocksucker Blues? «Ho guardato Cocksucker Blues, un film che amo molto. Gimme Shelter l'avevo rivisto di recente. Ho rivisto anche Sympathy for the Devil: davvero fondamentale. Quel fermo immagine, con le vignette intercalate da Godard (il regista Jean-Luc Godard) e le sessioni di prova ne fanno un film tuttora straordinario. Ti fa riflettere, ridefinisce la tua visione della vita, della realtà e della politica».
In una delle scene iniziali di Shine the Light si vede Jagger, prima del concerto, che esamina un modellino del palcoscenico al Beacon Theater. Non gli piace: «Sembra una casa delle bambole» dice stizzito. Più tardi vediamo Scorsese stesso, preoccupato perché non gli hanno ancora dato la scaletta per lo spettacolo, e scene intercalate mostrano Jagger su un aereo e poi in un hotel, che studia tranquillamente la lista delle canzoni. Quindi informa la telecamera che la scaletta sarà probabilmente decisa all'ultimo minuto... Nel frattempo, Martin si strappa i capelli — o finge di strapparsi i capelli — perché deve assolutamente sapere quale sarà la canzone di apertura per poter posizionare le cineprese... Si vede chiaramente che tutto fa capo a Jagger. Mick l'ha invitata a far parte della sua cerchia più intima? «Certo che sì. Per realizzare un film come questo è chiaro che ognuno di noi ha le sue difficoltà particolari». Ma Mick solleva obiezioni sul modellino del palcoscenico... «Non importa chi solleva obiezioni e a che cosa. Quello che importa è lo spirito con cui si fanno le cose. Anch'io mi lagno sempre: lagnarsi fa parte dell'intero procedimento. Se non mi lamento, vuol dire che non mi diverto, ah ah!».
È risaputo che Mick detesta le interviste: come ha aggirato questo ostacolo? «Ma io non l'ho mica intervistato! Cosa potevano aggiungere le interviste? Sono 40 anni che gli Stones vengono filmati, registrati; hanno detto tutto...Che cosa più si può voler sapere su di loro? Nulla, tranne la musica e lo spettacolo. È questo che mi ha dato ispirazione ». Gli Stones incarnano ancora la fiaccola della ribellione degli anni Sessanta nella nostra epoca? «Solo nel senso che la verità della loro musica deriva dal blues. È la loro versione del blues. È la loro riaffermazione, la loro rielaborazione. Questo è duraturo. E il blues incarna certi aspetti, certe sensazioni che noi tutti condividiamo in quanto esseri umani. E questo uno lo sente o non lo sente dentro di sé». Nel caso che non fosse ancora chiaro, Martin Scorsese adora la musica. Il suo documentario su Bob Dylan, No Direction Home (2005) è stato accolto con immenso favore dalla critica. E il suo film sugli ultimi concerti di The Band — The Last Waltz (1978) — con tanti cantanti illustri è il più grande film sulla musica di tutti i tempi. Ascolta altra musica? «Mi piace David Gray. Ascolto sempre Van Morrison, ovviamente. E i nuovi album di Bob Dylan. Tutto quello che fa Clapton. E mi piacciono anche i White Stripes: per me, sono una novità».
E gli Arctic Monkeys? «Anche loro, molto interessanti. Li ho visti in concerto. Ma devo ammettere che mi sembra di non aver più la capacità di ascoltare musica nuova, forse perché tanta di questa musica nuova sembra nascere dalla musica che ha accompagnato la mia gioventù. In fondo, mi piace risalire a musica sempre più antica. Qualcuno forse si sorprenderà, ma tutto sommato la musica che preferisco ora risale al periodo barocco». Ci sono altri musicisti sui quali le piacerebbe girare un documentario? «In questo momento, no». E allora ecco i capezzoli di Mick, i (nuovi) denti di Keith, le braccia scarne di Ronnie... Shine a Light rivela tutto di questi nonni, sempre in forma invidiabile, lì sul palco ad agitare i fianchi. Qual è il segreto dell'ottimo rapporto tra Jagger e Richards? «Uh. (Pausa). Affascinante. Osservandoli mentre lavorano insieme e si esibiscono, sembrano quasi forze opposte. Mick si muove a scatti. Keith si muove anche lui, ma molto lentamente! Sembrano controbilanciarsi in modo straordinario ». Perché restiamo ancora affascinati da questi quattro sessantenni che giocano a fare i ragazzini? «È ancora il potere della musica. È l'effetto che la loro musica e il loro spettacolo hanno sul pubblico. Che è ancora fonte di ispirazione per me. Perciò non potevo resistere: dovevo fare questo film».
Craig McLean
(The Guardian 2007 - Traduzione di Rita Baldassarre)
17 agosto 2007
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