Ladies & Gentlemen, ecco a voi... il primo vero capolavoro dei Rolling Stones
formato 33 giri: "Aftermath"!
Una arrogante dichiarazione d'intenti nell'anno di
grazia 1966 fatta di pezzi per la prima volta tutti originali a firma
Jagger/Richards che trasudano sfrontatezza, sguaiatezza, sessismo e urgenza
sonora.
Inutile dire che con una miscela del genere l'album ebbe un successo enorme,
arrivando al primo posto delle classifiche di vendite Britanniche ed al secondo
posto oltreoceano dove oramai erano diventati delle star grazie anche a
programmi TV come l'Ed Sullivan Show, grandi veicoli pubblicitari dell'epoca.
L'album avrebbe dovuto inizialmente intitolarsi "Could you walk on the
water?", titolo ritenuto poi troppo blasfemo dalla Decca, che bocciò anche la
copertina inizialmente prevista che avrebbe ritratto la Band che emergeva
soltanto con le teste da una grossa cisterna colma d'acqua.
Secondo il NME,
l'album sarebbe dovuto uscire il 10 Marzo e prevedeva anche un libretto a
colori di dieci pagine, il tutto preceduto da un EP che sarebbe dovuto uscire
il 12 Febbraio con quattro brani tra cui "As Tears Go By", poi tutto sfumò per
decisione della Decca.
Nell'album, inizialmente, dovevano trovare posto anche "Looking Tired", "19th Nervous Breakdown", "Sad Day", "Sittin' On A Fence" e
"Ride On Baby" al posto di altri cinque brani poi inclusi nell'edizione
definitiva.
Il booklet di foto inizialmente pensato per l'album fu poi accluso
alla compilation "Big Hits (High tide & green grass)".
Nell'album si cementò il legame artistico tra Mick e Keith a discapito di
Brian, che iniziò a suonare molto meno chitarra e a sperimentare nuovi strumenti
da cui riusciva sempre a cavare fuori dei suoni unici e affascinanti.
Con "Aftermath" la Band dimostrò sia ai puristi del Blues che agli amanti del
pop, che la musica del diavolo aveva rappresentato solo un punto di partenza
per creare un sound che fosse unicamente loro e diventasse il sound della loro
epoca.. Negli anni seguenti la band avrebbe fatto ritorno al Blues, ma lo
avrebbe fatto per scelta e non per necessità, e c'è una sostanziale differenza!
Mother's Little Helper -
Il diario di una casalinga impazzita, un duro attacco alla società borghese
dell'epoca e alle loro esistenze vuote e stereotipate, pillole non meglio
identificate da mandar giù per lenire i dolori dell'animo e il senso di
frustrazione per un'esistenza grigia e di routine.
Fu uno dei tanti attacchi al
"sistema" di Mick e Keith, una presa in giro delle vecchie generazioni la qual
risposta non si fece attendere: i Rolling Stones erano il nemico numero 1 da
annientare in qualunque modo a qualsiasi costo!
Intrecci di chitarre acustiche
impreziosite da uno stupendo sitar dal suono metallico suonato magistralmente
da Brian infiocchettarono un grande pezzo che fu scelto come singolo e arrivò
fino al N° 8 delle classifiche Americane di Billboard.
Stupid Girl -
Testo al vetriolo contro le ragazze, probabilmente quelle pronte a strapparsi
i capelli e a singhiozzare ogni qualvolta i Rolling apparivano da qualche
parte, o forse, testo gentilmente dedicato alla allora ragazza di Mick: Chrissie
Shrimpton, lasciata dopo pochi mesi per la ammaliante Marianne Faithfull, un
modo originale se così fosse per concludere una relazione e dare un non tanto
criptico benservito alla propria compagna.
L'organo di Stu e le chitarre di
Keith e Brian che sembrano sfidarsi a duello la fanno da padrone.
Lady Jane -
Un classico, per la prima volta in un brano Rock compare il dulcimer suonato
indovinate un po'... da Brian che l'aveva avuto in regalo dal cantautore Richard
Farina.
Il brano e' ispirato da una lettera di Enrico VIII a Jane Seymour poi
Jane Ormsby-Gore e l'atmosfera del pezzo riporta all'Inghilterra Vittoriana con
un Mick insolitamente sottomesso e dolcissimo.
Il brano inizia con Keith che
pizzica un'acustica, seguito a ruota da Brian che fa i numeri con il dulcimer e
si unisce subito a loro Jack Nitzsche col clavicembalo, grande brano con una
grande, intensa atmosfera.
Under My Thumb -
Pezzo tosto e possente, con un testo brutale indirizzato ad una non precisata
donna che sarà stata assai sgradevole per attirarsi le antipatie e quindi le
invettive di Mick al suo indirizzo. Mick canta sprezzante e compiaciuto la sua
posizione di "maschio dominante" laddove un tempo era il contrario,
un'inversione di ruoli che inorgoglisce Mick il quale con voce rude e
sprezzante decanta come la tenga in pugno e come quest'ultima sia sottomessa al
suo potere e ai suoi voleri.
Grande parte di marimba di Brian (ancora lui!).
Il pezzo fa da colonna sonora
all'uccisione di Meredith Hunter per mano degli Angels ad Altamont assumendo un
significato ancora piu' potente e sinistro.
Del brano ricordo personalmente una
grandissima versione "reggaeggiante" in quel di Wiener Neustadt nel Luglio del
'98, ma questa e' un'altra storia!
Doncha Bother Me -
Chitarra col bottleneck spaziale ad opera di Mr. Brian Jones che disegna un
Blues del Delta a cui fa da contraltare una serie di taglientissimi riff da
parte di Keith, il tutto incastonato sul drumming preciso e potente di Charlie
Boom Boom Watts, Mick ringhia il suo disappunto e fastidio verso qualcuno,
probabilmente i lacchè che iniziavano sempre con piu' insistenza a gravitare
intorno al carrozzone rotolante.
Goin' Home -
Registrata in presenza di Brian Wilson (che gliel'abbia ispirata?!), dei
ballerini Terry Garr e Tony Basil della serie TV "Shinding" e di Rodney
Bingenheimer, dall'iniziale mezz'ora e passa fu ridotta a poco piu' di undici
minuti, diventando la piu' lunga canzone rock incisa fino ad allora.
Nel brano
Charlie suona le spazzole, Stu il piano e Brian l'armonica.
E' una lunga jam
improvvisata che anticipava i giorni prossimi da lì a poco della psichedelia.
La
session in cui fu registrata durò tutta la notte, Mick cantava inginocchiato
per terra e Keith in giubbotto di pelle e occhiali da sole suonava imperterrito
i suoi riff.
Flight 505 -
Ormai nel 1966 i Rolling erano praticamente ...di casa sugli aerei: tra una
seduta di registrazione a Los Angeles, una serie di concerti in Australia, una
visita alle proprie fidanzate a Londra, una apparizione all'Ed Sullivan Show a
New York, insomma un tour mondiale perenne... quindi diciamo che scrissero
questa canzone su un disastro aereo un po' per esorcizzare ciò che non sarebbe
mai dovuto accadere.
Accordi di chitarra alla Chuck Berry e un piano
splendidamente boogie-woogie suonato superbamente da Stu colorano il brano.
High And Dry -
Un Folk rock mascherato da country con un martellante giro di basso di Bill e
uno scrosciare di piatti di Charlie.
In questa sorta di skiffle hillbilly Mick
canta di una ragazza ricca che udite, udite lo lascia senza troppi rimpianti.
Brian e' all'armonica.
Out Of Time -
Splendido brano, un po' troppo sottovalutato, in stile Motown con Mick che la
fa da padrone con un cantato sensuale ma allo stesso tempo distaccato a cui fa
da contraltare una bellissima parte di marimba ad opera di Brian.
Splendido
esempio di Soul music targato Rolling Stones, il brano fu "prestato" l'anno
seguente a Chris Farlowe e andò diritto al primo posto in classifica. Lasciata
fuori dall'edizione Americana dell'album, apparve soltanto l'anno successivo su
"Flowers".
Bill suona anche lo xilofono e Brian il Sax.
Grande brano, uno dei
miei preferiti dell'album e non solo.
It's Not Easy -
Riff alla Chuck Berry, ritmo trascinante e Mick che canta di essere stato
lasciato dalla propria donna e stavolta ne parla con affetto e un pizzico di
rimpianto... una volta tanto.
Brano non eccezionale ma comunque gradevole e ben
strutturato.
I Am Waiting -
Chitarre acustiche folkeggianti e sopratutto il dulcimer di Brian Jones
rendono questo brano romantico in modo sentito e sincero, risultando credibili
nel loro struggimento.
Mick canta con tono avvolgente, controllando
splendidamente la propria voce nei momenti piu' tranquilli del brano risultando
sobrio e preciso nel cantato per poi esplodere impetuoso nel ritornello con
bell'effetto melodrammatico.
Testo insolitamente oscuro per un brano molto bello
e di sicuro impatto emotivo.
Take It Or Leave It -
Chitarra acustica e tintinnio dei finger cymbals per un brano che riporta per
struttura e musicalità alle primissime composizioni di qualche anno prima a
firma Jagger-Richards. Niente di speciale, e' vero ma l'inizio del cantato e'
per me (e non solo visto che me lo fece notare un mio amico non propriamente
Rollingstoniano) una piccola perla, un gioiellino da assaporare con dovizia... Il
cambio di tonalità nell'inizio del cantato e' da brividi e ridà luce e dignità
al pezzo: chapeau!
Think -
Un sound rockeggiante in up-tempo carico di distorsioni con Charlie che detta
un ritmo solido e trascinante e il resto della band che erge un muro sonoro con
accordi di chitarra dai toni baritonali che riempiono i vuoti come una sezione
fiati.
Mick cazzia una ragazza invitandola a prendere in esame i propri errori.
Nel Gennaio '66 Chris Farlowe, sempre lui, pubblicò una propria versione del
brano, ma stavolta senza risultati.
What To Do -
Scelta alquanto strana di chiudere l'album e che album con questo pezzo nè
Blues e nè Rock'n'roll, solo un miscuglio di chitarre elettriche e acustiche
con reminiscenze Mersey beat, con l'aggiunta di qualche coretto che sembra
rubato ai Beach Boys.
Comunque, dopotutto erano tempi di esperimenti e Andrew
Oldham li spingeva verso un sound piu' commerciale e remunerativo, ma aveva
fatto i conti senza gli osti... e presto se ne sarebbe accorto!
Paint it black (nella versione Americana) -
C'è bisogno di presentazioni per uno dei pezzi piu' speciali, unici,
affascinanti, definitivi, primordiali della intera storia della musica?! Io
vorrei fermarmi qua, ma non posso esimermi dal dire come nota storica che il
pezzo iniziò come una specie di parodia, con Bill che suonava l'organo per fare
il verso ad Eric Easton, il loro primo manager insieme ad Oldham il quale in
gioventù faceva l'organista in un piccolo cinema. Dapprima l'avevano provata con
un ritmo funky senza ricavarne nulla, poi venne fuori Bill che attaccò a
suonarla con un ritmo strano in due quarti e la band gli andò dietro alla
grandissima con Brian Jones che fece il suo capolavoro al sitar, dando quel
senso di drammaticità e di oppressione al brano insieme al claustrofobico
drumming di Charlie che da il meglio di se.
Quindi voglio soffermarmi proprio su
questo aspetto: il grandissimo valore come musicisti di ogni singolo componente
della band... Bill Wyman, il silenzioso Bill, quello che sembrava sempre essere
lì per caso, era in grado di tirar fuori un'idea di cotanta bellezza musicale
dando il mood al brano!
Charlie Watts, l'altra metà della sezione ritmica piu'
"normale" dell'intero panorama Rock, amante dei soldatini e dei cavalli e poco
avvezzo a far bisboccia, era in grado di creare una spina dorsale tanto
granitica da reggere il valore delle gemme sonore disegnate da Brian col suo
sitar come una nenia ancestrale di cui avevamo assoluto bisogno e di cui allo
stesso tempo ignoravamo l'esistenza stessa.
Ecco, "Paint It Black" e' tutto
questo e non solo, ma questa e' l'unica cosa che tengo a sottolineare e con cui
voglio stuzzicare le vostre curiosità: l'estrema grandezza delle figure di tutti
e dico tutti i componenti della Band, in un pezzo tanto bello quanto epocale
non ho volutamente nominato nè Mick nè Keith... La "Grandèur" ha sempre un suo
perchè, e i Rolling Stones ne sono l'esempio perfetto.
Mailexile
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